a cura di Gabriele Salvaterra
Nel contesto della seconda edizione del progetto triennale
Una Generazione di Mezzo
Da un’idea di Albano Morandi
Coordinamento curatoriale di Ilaria Bignotti
Con la collaborazione di Camilla Remondina
E il sostegno di Fondazione Provincia Brescia Eventi
“Stranissimo, e sempre più stranissimo!”. Nelle sale del pianterreno di Palazzo Martinengo Cesaresco si sviluppa il percorso espositivo di Armida Gandini, organizzato per sale monografiche dedicate a singole serie espressive e guidato dal titolo La terra e le fantasticherie. Questo binomio mira a evidenziare due elementi apparentemente contrastanti tipici del lavoro di Armida Gandini: la ripresa di stimoli concreti, spesso ordinari, esistenti nella realtà quotidiana e il loro riutilizzo, decontestualizzato, per far nascere da essi nuovi significati e nuove “fantasticherie”. Vecchie foto di famiglia, opere della storia dell’arte, spezzoni di film del passato, tappeti usati diventano i materiali evocativi, gli “oggetti-cercati-e-trovati”, da cui far scaturire inedite riflessioni identitarie sulle esperienze anche traumatiche e di superamento che rendono le persone quelle che sono. La mostra è suddivisa in sezioni che alternano nuclei storici, allestiti secondo visioni attuali, a lavori recenti e inediti, tra cui l’importante corpus dedicato al film Marnie (1964) di Alfred Hitchcock, da cui nasce la passione totalizzante di Gandini per il cinema. Tra balene piangenti, lacrime concretizzate nel vetro, tappeti da viaggio, bambini fiabeschi, borsette camminanti, climax rossi, in un caleidoscopio di medium e tecniche, la mostra racconta l’avventura dell’esistenza con i suoi traumi e discontinuità.
La terra e le fantasticherie è accompagnata da una pubblicazione monografica realizzata grazie al supporto di Fondazione Brescia Musei ed edita da Skira, che analizza in maniera completa l’intera produzione di Armida Gandini, fornendo, oltre che un’occasione di approfondimento per appassionati, anche uno strumento scientifico per studiosi.
Incipit
Il lavoro di Armida Gandini trova spesso stimolo dal mondo dell’infanzia, nelle fiabe e in quel periodo della vita in cui, tra fantasticherie e visioni, si costruisce la nostra personalità di adulti. Anche l’elemento relazionale e il rapporto personale sono fondamentali nella sua ricerca, così, i lavori recenti de Il bosco delle fiabe – serie iniziata in realtà nel 1999-2000 – nascono rielaborando le fotografie dei curatori e degli artisti coinvolti nel progetto Generazione di mezzo. Lo specchio nella sala, invece, come nella migliore tradizione di Alice nel paese delle meraviglie è modificato per diventare soglia verso mondi della possibilità.
A Marnie
“Una sera, dopo cena, accendiamo la tv della cucina e appare un’inquadratura di un dettaglio di una borsa gialla… ne fui catturata. Non ho più dimenticato il giallo della borsetta di Marnie, ma anche il rosso associato al trauma della protagonista”. Marnie di Hitchcock è il film da cui nasce la “magnifica ossessione” di Gandini per il cinema. In un approccio di appropriazione e reinvenzione l’artista riprende elementi del film originale per far loro assumere nuovi significati. Anche il film di Truffaut La signora della porta accanto subisce un trattamento hitchcockiano e l’inquadratura si tinge di rosso quando la protagonista riflette sulla sofferenza esistenziale.
Gustose e dolcissime
I temi di dolore e sofferenza, i problemi e gli impedimenti che ci limitano nella vita, costituiscono ambito di costante interesse nel lavoro di Armida Gandini. In questa installazione, le lacrime della Madonna piangente di Rogier van der Weyden assumono dinamicità e fisicità, concretizzandosi all’interno della sala in grandi gocce in vetro di Murano. Si dice che San Luigi non versasse mai lacrime e, quando finalmente Dio gli donò il dono del pianto, salutò come Gustose e dolcissime quelle stille sulle sue guance. Versare lacrime – a partire dall’esempio dell’iconica immagine del maestro fiammingo – si dimostra azione catartica e liberatoria.
Viaggi e margini
Anche i concetti di viaggio e confine trovano sviluppo autonomo nella riflessione sull’identità. Qui, le opere della serie Geografie umane si armonizzano con il video Pubblico dominio. Le prime sono sagome ritagliate da tappeti orientali, mentre nel video le stesse sagome vengono animate da scene tratte dai primi film di fantascienza della storia del cinema di Georges Méliès (1902 e 1904), alternati al documentario sullo spazio A trip to the planets del 1925. Le forme, invece, sono riprese da opere della storia dell’arte che raccontano gli spostamenti umani nella storia o da disegni di bambini profughi. Tutti questi elementi parlano di come l’identità umana si costruisca nel movimento, superando le ristrette barriere che il destino ci consegna alla nascita.
Une baleine qui pleure
Un dettaglio incontrato precedentemente nella sala di Marnie – il disegno della balena piangente appeso al muro nello spezzone tratto da La signora della porta accanto di Truffaut – assume qui piena autonomia. La balena dal sorriso ebete ora prende tutta la scena ed è visibile frontalmente con le lacrime che le sgorgano dagli occhi. In questo video d’animazione rientrano, come in una sintesi, gli ingredienti tipici della pratica di Armida Gandini: il lavoro sui margini e i particolari, l’azione di selezione e deconstestualizzazione, il confronto con le problematiche della vita nella prospettiva di un loro superamento, il mondo dell’infanzia come momento cruciale nella formazione della personalità.