(auto)biografie immaginate
Raccontare la Storia non basta, bisogna raccontare le storie. Averne molta cura.
Di luce e di parole i inserisce in un progetto più ampio intitolato COME COSA VIVA promosso dal Comune di Tremosine sul Garda e curato da PANE BLU ETS, in cui l’arte contemporanea, la partecipazione attiva dei cittadini e l’identità individuale e collettiva degli abitanti del territorio si intrecciano in un percorso di residenze d’artista, laboratori ed esposizioni.
L’edizione 2024 è ispirata al patrimonio di vetrini fotografici di volti di abitanti di Tremosine del primo ’900 e al progetto di identificazione di Clara Pilotti.
Nel difficile ma affascinante processo di identificazione delle persone fotografate sui vetrini ritrovati a Tremosine, molte sono rimaste anonime, senza un nome che le identifichi e senza una biografia che le racconti. Le ricerche, i documenti, i ricordi degli abitanti del Comune non hanno portato al riconoscimento delle loro identità, perse nei meandri della storia e della memoria. Il progetto comincia dalla mancanza, ma si sviluppa attraverso il realismo della persona rappresentata nella fotografia: il suo volto, le sue espressioni e posture, i suoi gesti, gli abiti che indossa, il taglio dei capelli, gli anni impressi sulla sua pelle. Piccoli dettagli che possiamo osservare con gli occhi e con le mani: guardo, disegno e vedo, esploro e analizzo, indago e immagino … fantastico sulla loro vita, gli aneddoti che l’hanno segnata, suppongo quale lavoro facessero, invento il loro nome. Come si chiama questa faccia? Da dove viene? Quali erano i suoi sogni, quali i suoi desideri? Aveva una famiglia? Una casa? Quali le cose di cui si circondava? Racconto con le parole ma anche con i colori, perché ogni persona ha una luce che è il colore delle sue emozioni. Ed è il colore sul quale sono sintonizzato, perché se è vero che la biografia non può essere separata dall’autobiografia, raccontare gli altri significa raccontare se stessi.
Lo spettatore è invitato a cercare e trovare la corrispondenza tra volto e storia, tra la faccia e il nome attribuito alla persona fotografata, in un gioco di rimandi, nascondimenti, sottrazioni, fili sottili che dall’immagine intrecciano parole per poi ritornare al vetrino iniziale.